PROMETHEUS
E se fosse il nulla?
“Prometheus” è un film sulla vita, sulla morte e sull’universalità dell’esistente. Ma prima di ogni cosa è un film sul mistero, e cioè su tutto ciò che va al di là delle capacità razionali dell’uomo. È un film su ciò che è nascosto, indecifrabile, incomprensibile. Ed è un film che, per riflettere in maniera intensa su questi temi, non ha bisogno di spiegare ma di dispiegarsi. Non è un film che risolve né chiarisce, ma si forma e si costituisce come fosse l’oggetto principale della fantascienza stessa: è l’ipotesi.
Uno dei temi più importanti e imponenti – e forse, in maniera assoluta, il più comunicativo dell’intero film – è quello della paternità. La madre crea, il padre decide se e come distruggere. Il padre è però anche una figura che allontana il terrore e la paura, anche se la sua esistenza è incerta (esiste o non esiste un Dio creatore?) o terminata (Elizabeth che reifica il ricordo di suo padre nel crocefisso). Il padre può decidere di punire (l’alieno “ingegnere” sopravvissuto che distrugge l’androide David e uccide i membri dell’equipaggio, perché probabilmente gli è stata posta la domanda sbagliata) o di sacrificarsi (per creare la vita, come nella sequenza iniziale del film).
“Prometheus” parla poi dell’origine della vita – la nostra vita, la vita degli esseri umani – e lo fa con un’intensità che a tratti lascia stupefatti. Siamo stati creati da esseri reali e simili a noi, a nostra volta abbiamo creato esseri-oggetto (macchine, androidi) altrettanto reali che a loro volta creano/creeranno altre cose/entità/oggetti, in una teoria che pare essere molto vicina a quella dell’eterno ritorno. Ma “Prometheus” è anche un film che parla di umanità nel senso più “puro” del termine: parla dei nostri sentimenti, dei nostri valori, delle nostre emozioni. Parla dell’egoismo della figlia rifiutata (Meredith Vickers, l’addetta al controllo della spedizione), che non riesce ad amare, che non riesce a provare empatia, che non riesce a compatire e a compatirsi. Parla poi – da un lato completamente opposto – della ricerca spasmodica di amore da parte di una donna (l’archeologa Elizabeth Shaw) incapace a sentirsi tale in quanto non può adempiere alla sua principale funzione biologica: procreare. Parla del potere e della ricerca dell’immortalità. Parla del potere che vuol trasformarsi in immortalità. Parla dell’impossibilità di ottenere l’immortalità. Parla – l’abbiamo già detto, ma è bene ripetersi – della ciclicità di ogni cosa.
Ma soprattutto – e lo dicevamo all’inizio -, “Prometheus” è un film sulla vita e sulla morte come valori assoluti. La vita prima o poi si trasforma in morte, ma la morte può anche generare la vita, o meglio: la morte è lo “spazio” necessario alla vita, perché senza il Nulla non potrebbe esserci l’Essere. Ma nessuna creatura vivente, nessuna cosa è indispensabile fino a che non esiste. Gli “ingegneri” alieni ci hanno creato, e noi ci sentiamo indispensabili. Ci sentiamo indispensabili dal momento in cui esistiamo, qualsiasi cosa/essere ci abbia creato, qualsiasi processo evolutivo ci abbia condotto a sentirci tali. Una cosa è certa: possiamo conoscere solo ciò che ci è evidente.
Leopardi scriveva nel suo Zibaldone: “In somma il principio delle cose […] è il nulla. Giacché nessuna cosa è assolutamente necessaria, cioè non v’è ragione assoluta perch’ella non possa non essere, o non essere in quel tal modo […] Vale a dire che un primo ed universale principio delle cose, o non esiste, né mai fu, o se esiste o esisté, non lo possiamo in niun modo conoscere, non avendo noi né potendo avere il menomo dato per giudicare delle cose avanti le cose, e conoscerle al di là del puro fatto reale”.
E se “Prometheus” fosse un film sul nulla?
Gabriele Baldaccini
Prometheus
(USA/2012)
Regia: Ridley Scott
Sceneggiatura: Jon Spaihts, Damon Lindelof
Musiche: Marc Streitenfeld
Fotografia: Dariusz Wolski
Montaggio: Pietro Scalia
Scenografie: Arthur Max
Costumi: Janty Yates
Interpreti principali: Noomi Rapace, Michael Fassbender, Charlize Theron, Idris Elba, Guy Pearce, Logan Marshall-Green, Sean Harris, Rafe Spall, Emun Elliott, Benedict Wong
124′
Stupenda analisi del testo. Io penso che Prometheus sia la ricerca ossessiva del principio. Eva contro Adamo e Adamo contro se stesso, verso la sorgente, verso il primo “corpo”. In effetti a forza di andare a ritroso si giungerà probabilmente al nulla. Trovo quello che hai scritto sul fatto di “sentirsi indispensabili” assolutamente illuminante. Adesso possiamo soltanto chiederci come il regista porterà avanti il discorso nel prossimo film.
Ti ringrazio Costanza! Tanti hanno parlato di “vuoti” presenti in questo film: secondo me quei “vuoti”, sono proprio ciò che rende questa opera un grande capolavoro.