Il presente articolo è stato pubblicato su Rapporto Confidenziale numero27 (ago 2010), pagg. 18-20
AMORE, SESSO, ECOLOGIA: LA FAVOLA DEL MOSTRO DELLA LAGUNA NERA.
Una spedizione scientifica impegnata in una ricerca lungo il Rio delle Amazzoni, scopre un mostro preistorico. Catturata dagli scienziati, la creatura non tarderà a liberarsi e a scappare per poi tornare a rapire la bella Kay, di cui si è innamorata.
Non c’è dubbio alcuno sul fatto che The Creature from The Black Lagoon sia uno tra i migliori Mostri della Universal, degno di comparire a fianco dei due Frankenstein e dell’Uomo invisibile portati sullo schermo da James Whale. Il film di Jack Arnold – che poco dopo girerà altri due gioielli: Tarantula (Tarantola, 1955) e The Incredible Shrinking Man (Radiazioni B X: distruzione uomo, 1957) – riesce a coniugare in maniera esemplare l’intento commerciale dell’opera con le ambizioni artistiche del suo regista, così come aveva fatto James Whale con le sue opere dirette su commissione.
Mentre all’epoca proliferano sugli schermi effetti speciali a dir poco approssimativi utili solo a tentare di nascondere esili storielle o le consuete condanne al comunismo, il film di Arnold, già documentarista rispettato e premiato (nel 1951 è candidato all’Oscar per il documentario With These Hands), si distingue sì come cinema popolare ben scritto, ben realizzato e curato nelle atmosfere, ma possiede anche uno spessore che gli ha permesso di non invecchiare, rendendolo godibile ancora oggi, a 56 anni dalla sua uscita sugli schermi.
La storia non presenta di per sé nulla di rivoluzionario per il genere: una spedizione di geologi alla ricerca di fossili che provino l’esistenza di un anello ancora sconosciuto nella catena dell’evoluzione si avventura in luogo sconosciuto e ricco di insidie (l’Amazzonia), come accadeva anche nel King Kong di Merian C. Cooper e Ernest B. Schoedesack e come accade in centinaia di altri film anche recenti, e qui scopre la misteriosa e temibile Creatura. La loro visita irrita la Creatura – metà pesce e metà uomo – che abita lì e che vede la sua furia placarsi solo alla vista di un’avvenente componente della spedizione, dai costumi da bagno piuttosto arditi per l’epoca.
È evidente che The Creature from The Black Lagoon attinge per il suo spunto a numerosi altri film, La belle et la bête di Cocteau e il citato King Kong in primis, ma non si limita ad aggiornarne i temi per accontentare le platee, bensì ne fa ottimo uso. Il regista cela nella storia un sottotesto ecologista, per esempio, e rende la Creatura un personaggio composito e ricco di sfumature, anziché un essere il cui scopo unico è quello di fare sussultare il pubblico ad ogni sua apparizione. Nemmeno fa risparmio di mezzi: laddove nella struttura narrativa sarebbe sufficiente una battuta per spiegare una situazione, lui sceglie invece di metterla in scena, non lesinando sulle – ottimamente fotografate – riprese subacquee. Esemplare in questo senso la suggestiva “danza” tra la Creatura e l’inconsapevole scienziata, che pensa in quel momento di nuotare sola sotto il pelo dell’acqua.
La creatura è un essere capace di suscitare empatia nello spettatore: nelle donne per la sua solitudine e la dolcezza nei confronti dell’amata (Marilyn Monroe in The Seven Year Itch – Quando la moglie è in vacanza, Billy Wilder, 1955 – dichiara compassionevole, dopo avere visto il film, che la creatura era in fondo solo bisognosa di affetto) e negli uomini perché è facile vedere in lui un essere maschile che desidera una donna non venendo però corrisposto.
L’espressività della Creatura è tutta corporea: il volto è coperto da una spessa maschera e il compito di renderla è tutto sulle spalle di chi si cela nel suo costume (Ricou Browning nelle scene in acqua, Ben Chapman in quelle sulla terraferma).
Se il 3D serve solo a fare rotolare qualche oggetto verso lo spettatore, è la ricchezza della messa in scena a colpire.
Dietro questo, un regista di valore che riesce a fare crescere la tensione sin dalle prime scene e non permette alla storia alcuna caduta di ritmo lungo la sua durata. La colonna sonora (cui contribuisce un giovanissimo – e non accreditato – Henry Mancini) sottolinea ogni evento e accompagna, con un tema apposito, ogni apparizione della creatura, sopperendo alla scarsità di dialogo.
Sfruttando la consueta paura per l’ignoto, Arnold costruisce un film in cui la tensione non conosce cedimenti e il cui protagonista è capace di suscitare empatia nello spettatore. Ancora oggi, a 56 anni dalla sua uscita.
Genesi, sviluppo e derivazioni dell’ultimo mostro della Universal
L’ultimo autentico successo per un mostro della Universal risale agli anni ’50, quando i classici del passato (da Frankenstein a Dracula, da Il fantasma dell’Opera a L’uomo invisibile) sono stati venduti alla televisione, dove hanno conquistato una seconda giovinezza facendosi conoscere da una nuova generazione.
All’epoca, il cinema horror sembra avere esaurito il suo potere attrattivo ed è praticamente scomparso dalle sale. Ma il genere non è veramente morto, è sopravvissuto contaminandosi, per esempio con la fantascienza. Non è passata nemmeno la paura, che trova una catarsi proprio nel cinema horror: sono gli anni della Guerra fredda e i primi esperimenti nucleari sono alle spalle ma non distanti.
È quella l’epoca degli insetti giganti, dei visitatori generalmente poco pacifici dallo spazio, tutti esseri che simboleggiano il comunismo o le sue antitesi come in It Came From Outer Space di Jack Arnold (1953) o Invasion of the Body Snatchers di Don Siegel.
Non solo: la necessità di affrontare la concorrenza scatenata dalla televisione porta a ricorrere a effetti speciali sempre più sofisticati – di cui i nuovi Mostri sono figli.
Le discussioni sulla paternità del soggetto del film non furono mai risolte: si tratta di una leggenda che ha le sue radici in Madagascar o di un’idea del direttore della fotografia messicano Gabriel Figueroa? Probabilmente entrambe le cose, senza trascurare l’influenza derivante da una ricca mitologia a base di mostri o meno provenienti dal mare. Questo per non citare il mito della bella e della bestia, ampiamente sfruttato in letteratura e quindi al cinema.
Qualunque sia la reale origine del soggetto, viene scritta una sceneggiatura originale e vengono studiate le fattezze del nuovo mostro, che Arnold immagina con il corpo di un Oscar (la statuetta del premio) con la testa a guisa di pesce. Un primo tentativo di realizzazione non convince ma viene accantonato nel caso si rendesse necessario creare una creatura femminile per un seguito. Sarà Millicent Patrick, disegnatrice e illustratrice di grande talento impiegata presso la Universal, a dare forma alla Creatura che conosciamo.
Il film viene girato nelle Everglades, in Florida, a simulare l’Amazzonia. Ricou Browning, che aveva aiutato a localizzare i giusti luoghi dove girare, viene assunto per portare il costume della creatura nelle scene subacquee grazie alla sua capacità di nuotare sott’acqua per diversi minuti. A offrirgli le sue fattezze, quando è fuori dall’acqua, è invece l’imponente cascatore Ben Chapman. Molti gli attori costretti a rifiutare un ruolo in quanto nuotatori non sufficientemente esperti.
Julia Adams è un’attrice sotto contratto con la Universal quando le viene assegnato il ruolo dell’unica donna ricercatrice della spedizione. Lei non ne è entusiasta perché lavorare in questo genere è ancora considerato mortificante per un’attrice o un attore. Oggi, a dispetto di una lunghissima carriera soprattutto televisiva, viene ricordata soprattutto per questo ruolo.
Il costume è in latex ed è il primo a ricoprire un attore dalla testa ai piedi. Per curare il trucco viene chiamato Bud Westmore.
Il costume viene appesantito sulle gambe con dei piombini e Ricou Browning porterà dei pesi alla vita per evitare di galleggiare. Saranno sempre questi pesi a conferire al personaggio la caratteristica andatura pesante anche quando cammina sulla terra.
Una pompetta spinge aria nelle branchie per farle muovere, due piccole fessure per gli occhi rappresentano l’unica apertura verso l’esterno per gli attori.
Creature from the Black Lagoon è il primo film in 3D girato nell’Oceano. Due camere riprendono le scene da due prospettive lievemente diverse. Le immagini vengono poi sovrapposte e proiettate con un filtro colorato sul proiettore.
La musica è molto presente nel film a sopperire alla scarsità di dialogo. Addirittura, ogni apparizione del mostro è sottolineata da un tema apposito. Se la musica utilizzata per i titoli di testa e di coda è composta da Herman Stein, molta della musica presente nel film proviene da vecchie colonne sonore rielaborate per l’occasione.
Tra i compositori, si nasconde – non accreditato – un giovane Henry Mancini, allora impegnato a lavorare nell’ombra ma di qui a poco pronto a diventare uno tra i compositori di colonne sonore più celebrati della storia del cinema (Breakfast at Tiffany’s – Colazione da Tiffany, The Party – Hollywood Party e i film della serie dedicata alla Pantera Rosa di Blake Edwards sono sue composizioni, così come quelle per Arabesque di Stanley Donen, Wait Until Dark – Gli occhi della notte di Terence Young, Man’s Favorite Sport? – Lo sport preferito dall’uomo di Howard Hawks, tra i molti).
Quando esce nel 1954, il film ottiene un enorme successo, tale da rinverdire i fasti dei mostri del passato.
Costato 650’000 Dollari, il film ne incassa rapidamente 3 milioni. Ovvio che si pensi immediatamente a un seguito. Revenge of the Creature vede ancora Jack Arnold alla regia. Il soggetto è sospettosamente simile a quello di King Kong, con la creatura catturata ed esposta in un parco marino, la storia parte esattamente da dove terminava il primo film e non manca di presentare un sottotesto sessuale non troppo celato.
Nelle scene subacquee, c’è ancora Browning, in quelle sulla terra Tom Hennesy, entrambi non citati nei crediti.
La presenza più clamorosa è però quella di un non accreditato Clint Eastwood, alla sua prima apparizione sul grande schermo, nel ruolo di un tecnico di laboratorio.
Il film viene girato in parte in una vasca a Marineland, parco acquatico della Florida, dove pesci, tartarughe e anguille sembrano non volere lasciare in pace la povera creatura, che nel frattempo ha visto modificato sensibilmente il suo aspetto: viso meno ovale, occhi e configurazione della bocca diversi.
Nelle sale nel 1955, appena un anno dopo il primo capitolo, ottiene un successo ancora superiore a quello del capostipite. Molte sale non sono in grado di proiettarlo in 3D e lo proiettano in 2D, causando agli spettatori notevoli mal di testa.
Al secondo seguito, The Creature Walks Among Us, Arnold non c’è più. A sostituirlo viene chiamato il suo primo assistente John Sherwood. Torna Ricou Browning ma Tom Hennesy viene rimpiazzato da Don Megowan. Con questo terzo capitolo, gradito al pubblico ma non dalla critica, la saga si interrompe per sempre.
Steven Spielberg affermerà di essersi ispirato alla saga per alcune scene del suo Jaws (Lo squalo, 1975).
Ricou Browning, dopo essere stato nel costume del Mostro per tutti e tre i film della serie, diventerà produttore della serie tv Flipper e direttore della seconda unità per scene subacquee per film come Thunderball (Agente 007, operazione tuono, 1965).
Nel 1982 la Universal pare pronta a realizzare una nuova versione in 3D del film ma poi preferisce produrre Jaws 3 – 3D (Lo squalo 3, 1983) di Joe Alves.
La trilogia dedicata al Mostro della laguna nera permetterà alla Universal di chiudere la sua serie dedicata ai Mostri quando ancora è all’apice del successo, consegnandola alla storia del cinema.
Roberto Rippa
Creature from the Black Lagoon
(Il mostro della laguna nera, USA, 1954)
Regia: Jack Arnold
Soggetto: Maurice Zimm
Sceneggiatura: Harry Essex, Arthur A. Ross
Musiche: Henry Mancini, Hans J. Salter, Herman Stein
Fotografia: William E. Snyder
Montaggio: Ted J. Kent
Interpreti principali: Richard Carlson, Julie Adams, Richard Denning, Antonio Moreno, Nestor Paiva, Whit Bissell, Bernie Gozier, Henry A. Escalante, Ricou Browning (non accreditato), Ben Chapman (non accreditato)
79’
FONTI
• “Back to the Black Lagoon”, David J. Skal, Universal Home Video, 1999;
• Universal Studios Monsters: A Legacy of Horror, Michael Mallory e Stephen Sommers. Universe, 8 settembre 2009
• Monsters: A Celebration of the Classics from UniversalStudios, Roy Milano, Jennifer Osborne, Forrest J. Ackerman.
Del Rey, 26 settembre 2006.
• Jack Pierce: The Man Behind The Monsters, Scott Essman. CreateSpace, giugno 2000.
• Wikipedia.org • IMDb.com • IMDb.it
DVD
Il DVD italiano de Il mostro della laguna nera (etichetta Universal) è al momento fuori catalogo. Disponibili invece le edizioni tedesca, francese, inglese e americana. Quest’ultima, edita nel 2004 nella collezione Legacy Collection, presenta il film con i suoi due seguiti nonché il documentario Back to the Black Lagoon, commento audio per tutti e tre i film, più galleria fotografica e trailer.
Audio inglese (Dolby Digital Mono) e sottotitoli in inglese, francese e spagnolo. Prezzo contenuto.