ARTICOLO PUBBLICATO SU Rapporto Confidenziale numero14 maggio’09 (PAG.37)
L’icóna
Interrogarsi sul mito è cosa distinta dall’indagare l’uomo. Il mito è lungo, si insinua nell’immaginario con spirito alchemico mescolando il giusto silicio per poter figurarsi negli occhi di chi osserva con le sembianze del cuore di chi osserva. L’uomo è breve ma al contempo più complesso. La sua materia è fluida, e la camera, o la penna, per coglierla e fissarla devono rapirle l’agilità del divenire senza indugiare sul singolo istante isolandolo. Interrogarsi sul “Che”, allora, impone già all’atto della concezione una scelta obbligata: parliamo dell’uomo o del mito? Non si tratta di sfumature: l’uomo Guevara è stato; il mito “Che” è parso.
L’Ernesto Guevara di Steven Soderbergh ha lo spessore umano di una maglietta rossa indossata da un quindicenne al centro sociale per far colpo sulla frangetta di turno. Che manco se lo caca. Una costruzione artistica non può prescindere dai suoi tempi per quanto volutamente storica, mi si contesterà, quindi non dovrebbe sorprendere la monodimensionalità di un mito che il crollo dei muri e l’amalgama del mercato globale hanno reso amorfo. Proprio per questo, però, Soderbergh avrebbe dovuto essere in grado di spiegare al suo pubblico da Ocean’s Eleven e coca-corn in cosa consista, e da dove provenga, quella assoluta inconcepibilità odierna con cui si osserva il mistero di una vita assoluta. Spesa per l’idea buona o cattiva che sia. Invece questo Guevara non sfiora neppure la profondità e la sensibilità che il buon brasiliano Walter Salles abbozzava in semi nel suo I diari della motocicletta, confermando di fatto l’odioso pregiudizio che fa incolmabile la distanza tra la percezione media dell’uomo nordamericano rispetto a quella del resto del continente, del resto del suo giardino privato. Ed è, parafrasando l’epoca narrata, la stessa distanza che permane fra il latifondista e il bracciante.
La rivoluzione poi è presentata, in maniera paradossale, come un fatto compiuto, motivato e chiuso proprio mentre è nel suo più visionario divenire. L’estasi della pallottola che fende i rami e impatta nella terra della giungla o nell’asfalto di Santa Clara, seppure acciuffata bene da riuscitissimi effetti sonori, non appartiene mai al dito del grilletto: già gli è estranea. Per quanto s’impegni, Soderbergh non riesce a cogliere la scintilla: per lui tutto è un immenso falò donato agli uomini da Prometeo. O da una maglietta rossa. Come gli dei abbiano fatto a incendiare, e perché questi siano dei e gli altri merdine, secondo il regista non dovrebbe interessarci. La narrazione resta neutra, quasi timida. E l’unico pregio – peraltro rovinato nella versione italiana da un doppiaggio patetico e saponoso perennemente fuori contesto – è la perfetta resa della pronuncia e dell’intonazione di Che Guevara e, soprattutto, di Fidel, unite alla straordinaria somiglianza fisica dei protagonisti. I gesti insomma, la recitazione in bel castigliano cafone di Benicio Del Toro e Demiàn Bichir, insieme con una scenografia ottimamente curata e realistica (eccetto alcune classiche automobili cubane fin troppo luccicanti per trovarsi in una guerra civile) non fanno altro che riprodurre la perfetta elasticità di un amabile cotone americano. Ma sotto, che sia rosso o nero, bueno o malo, eroe o criminale, non palpita nessun corpo. Tra l’uomo e il mito Soderbergh ha scelto la terza via: l’icona.
Che: Part One. Che – L’argentino
Regia: Steven Soderbergh; Sceneggiatura: Peter Buchman da «Reminiscences of the Cuban Revolutionary War» di Ernesto ‘Che’ Guevara; Fotografia: Steven Soderbergh; Montaggio: Pablo Zumárraga; Musiche: Alberto Iglesias; Interpreti: Franka Potente (Tamara Bunke), Santiago Cabrera (Camilo Cienfuegos), Demián Bichir (Fidel Castro), Kahlil Mendez (Urbano), Yamil Adorno (Leal), Jorge Alberti (Soldier Hector), Ricardo Alvarez (Antonio Nunez Jimenez), Jose Cotte (Dr. Oscar Fernandez Mell), Alfredo De Quesada (Israel Pardo), Eduard Fernández (René Barrientos), Ramon Fernandez (Hector), Jsu Garcia (Jorge Sotus), Aurelio Lima (Victor Bordon), Anibal O. Lleras (Coronel Hernandez); Produzione: Estudios Picasso, Laura Bickford Productions, Morena Films, Section Eight, Telecinco, Wild Bunch; Distribuzione italiana: Bim Distribuzione; Paese: France, Spain, USA; Anno: 2008; Durata: 134′.