À ma soeur! (A mia sorella! / Fat Girl)
regia di Catherine Breillat (Francia-Italia/2001)
recensione a cura di Fabrizio Fogliato
«Non mi interessano i film digestivi e ricreativi, ma quelli perturbanti ed ambigui, perché la vita è così». Con questa dichiarazione Catherine Breillat rispondeva alle feroci critiche che avevano salutato l’uscita di À ma soeur! (A mia sorella!, 2001). E nelle sue parole c’è l’idea che le è propria di un cinema anticonvenzionale e fuori dagli schemi, capace di parlare al cuore e al cervello con la stessa intensità Un cinema sgranato e tagliente che apre squarci di dolore nell’adolescenza di giovani protagonisti che assieme alla loro identità ricercano una sessualità autonoma e responsabile al di fuori da quella ipocrita e marcescente degli adulti.
À ma soeur! è un quadro borghese di sconcertante realismo, un quadro orrendo dove le convenzioni e i rituali di una famiglia in vacanza, si scontrano con la forza dirompente e distruttrice di un rapporto-simbiosi tra due sorelle. Elena (Roxane Mesquida) e Anaïs (Anaïs Reboux), sono in realtà due figure riflettenti che si nutrono di un odio/amore reciproco perché in realtà sono le due parti di una stessa persona: l’adolescente inquieto che vive il trauma del passaggio dall’infanzia all’età adulta tra tempeste ormonali e pulsioni autodistruttive. Significativamente la Breillat situa questa rivelazione davanti ad uno specchio dove i volti delle due sorelle, che per tutto il resto del film non si assomigliano, prendono magicamente la forma di una somiglianza reciproca che sfiora la sovrapposizione. Il film scava violentemente in questo rapporto che vive nel continuo confronto/scontro sulla relazione intrapresa da Elena con Ferdinando (Libero De Rienzo), un borghesuccio Italiano che in questo “gioco” si rivela essere ipocrita e opportunista.
Il gioco è quello del sesso, vissuto problematicamente dalla bella Elena e osservato, e pertanto vissuto di riflesso, dalla goffa Anaïs. La bellezza dell’una, compensa l’intelligenza dell’altra in un continuo rimbalzare di sguardi, attraverso cui la regista dà allo spettatore le coordinate di una “penetrazione” visiva che fruga nelle viscere tormentate delle due ragazzine e scende sempre più in profondità. Uno sguardo (im)puro che prende le distanze da genitori già morti-viventi e distanti dai figli, per accarezzare i corpi acerbi delle due sorelle, per infilarsi tra le ossa deboli e fragili di corpi in fase di sviluppo e per sporcarsi con lo sperma dell’ipocrisia borghese e con gli umori dell’innocenza adolescenziale. Uno sguardo che scopre l’inconsistenza del sesso che è una salita al patibolo tanto sofferta quanto desiderata. Le due scene di rapporti sessuali sono cosi tristi, angoscianti e “difficili” tanto da richiedere alla stessa regista la necessità di un film-protesi per raccontarne la loro genesi Sex is Comedy (id., 2002).
À ma soeur! è un epitaffio sotto forma di dedica, di un dono scabroso e provocatorio: quello che Anaïs fa ad Elena, di un morte precoce e incruenta in cambio di un’esistenza che è già veglia funebre. La “bara di ferro” su quattro ruote che trasporta le tre donne nel finale del film in un viaggio-ultimo vissuto tra imbarazzati silenzi, su un’autostrada inquadrata come un girone infernale di asfalto e metallo, è quello di tre zombie (non a casa i loro volti sono di un bianco mortuario) che non hanno neanche più la forza di “cibarsi” delle loro vite prive di speranze massacrate da una quotidianità borghese che uccide ogni alito di vitalità… Poi scende la notte, gli occhi si fanno stanchi e il pericolo può venire anche dal nervosismo per un sorpasso che non riesce. A quel punto è meglio fermarsi chiudere gli occhi e provare a sognare.
Ma questo non è un sogno, non è una favola a lieto fine, ma un incubo inseguito al limite delle proprie forze da Anaïs e il desiderio è quello dell’arrivo di un orco cattivo che “cancelli” la mamma e la sorella più bella e che con uno stupro le riveli la forza dell’Amore e della vita. Agli spettatori rimane solo quello sguardo finale, tagliente e freddo come una lama di ghiaccio, di un’adolescente che solo poco prima cantilenava: «Metto il cuore a marcir su di un gancio alla finestra, ho fiducia nell’avvenir, sento i corvi già volar».
Fabrizio Fogliato
À ma soeur! (A mia sorella! / Fat Girl)
Regia, sceneggiatura: Catherine Breillat
Fotografia: Giorgos Arvanitis
Montaggio: Pascale Chavance
Musica: Jean-Paul Jamot, Fabrice Nguyen Thai
Casting: Fabrice Bigot, Gilles Cannatella, Olivier Carbone, Nicolas Lublin, Michaël Weill
Production Design: François-Renaud Labarthe
Produttori: Conchita Airoldi, Jean-François Lepetit
Interpreti: Anaïs Reboux (Anaïs Pingot), Roxane Mesquida (Elena Pingot), Libero De Rienzo (Fernando), Arsinée Khanjian (madre), Romain Goupil (François Pingot, padre), Laura Betti (madre di Fernando), Albert Goldberg (killer), Odette Barrière (amico del residence), Ann Matthijsse (amico del residence), Pierre Renverseau (amico del residence), Jean-Marc Boulanger (amico del residence), Frederick Bodin (cameriere), Michel Guillemin (bidello), Josette Cathalan (commessa), Claude Sese (ufficiale di polizia)
Case di produzione: CB Films, Centre National de la Cinématographie (CNC), Flach Film, Immagine e Cinema, Canal+, Urania Pictures S.r.l., arte France Cinéma
Rapporto: 1.85 : 1
Paese: Francia, Italia
Anno: 2001
Durata: 83′