The Stone Roses: Made of Stone > Shane Meadows

Shane Meadows possiede la rara capacità di cogliere la pancia dell’Inghilterra e della sua working class, andando oltre gli stereotipi che troppo spesso incontriamo nel cinema UK. Non c’è il pietismo innescato da una visione ideologica à la Ken Loach, né l’apologia delle common people della musica pop o di (certo) cinema di Stephen Frears o Mike Leight.
Meadows arriva vicino alle emozioni ma, con pudore misurato, si ferma sempre un attimo prima.
Lo ha fatto con con la serie This Is England (4+3 episodi del 2010 e 2011) e con il magistrale lungometraggio omonimo (2008) e pure in molte delle altre sue regie: il bello e dimenticato Twenty Four Seven (1997), lo struggente Somers Town (2008). Ma è con The Stone Roses: Mad of Stone che coglie, forse nella maniera più compiuta e convincente, il bersaglio grosso, perché trattasi di un film straordinario, non il classico documentario musicale con al centro l’agiografia di un idolo (o una band). Mad of Stone è forse il miglior film di Meadows, il più intenso, il più vero, il più sentito. Al suo interno è contenuto un messaggio d’amore indirizzato alla band (il regista è un fan della prima ora), al suo pubblico colto nelle espressioni vitali della propria passione, ma è pure una bella riflessione sui misteri della creatività e della produzione artistica, della difficoltà del lavorare in squadra, a stretto contatto con altre persone diverse da sé. È forse questo il tema centrale di tutto il film, posto in apertura, con un passaggio tratto da una celebre intervista ad Alfred Hitchcock che chiarisce, sgombrando il campo da ogni possibile dubbio, il tema centrale della pellicola.

Intervistatore: Mr. Hitchcock, qual è la sua definizione di felicità?
Alfred Hitchcock: Un orizzonte sereno. Nulla di preoccupante nel piatto. Solo cose creative, non distruttive. Questo dentro sé stessi, perché dentro me non sopporto i battibecchi, non sopporto tensioni fra le persone. Penso che l’odio sia solo energia sprecata. Non è affatto produttivo. Sono molto sensibile. Una parola tagliente, detta bruscamente da una persona, mi fa male per giorni, specie se detta da qualcuno che mi è vicino. So che siamo solo umani, siamo fatti così, siamo stimolati da questo genere di emozioni, chiamiamole anche negative… ma quando le rimuoviamo tutte quante, e avremo davanti a noi la strada vuota, pulita, finalmente potremo creare qualcosa. Credo che questo sia quanto di più felice per me io possa mai volere.

 

 

Il film si apre con un incredibile slow motion in altissima definizione di Ian Brown, frontman della band, colto a un palmo dalle transenne durante un concerto. La macchina da presa indugia sugli sguardi che lo accompagnano, sui muscoli dei fan che si protendono per comunicargli il proprio amore, la propria adorazione (I Wanna Be Adored). L’alta definizione restituisce il tempo sospeso di un attimo eternizzato in 50 fotogrammi (almeno) al secondo. Non un film agiografico dunque, ma il racconto da insider della reunion degli Stone Roses, avvenuto nel 2012 dopo 15 anni di inattività. Un nuovo inizio travagliato per una band formatasi a Manchester nel 1984 e scioltasi nel pieno del successo mondiale per incomprensioni fra i suoi componenti. Shane Meadows segue Ian Brown, il chitarrista John Squire, il bassista Gary “Mani” Mounfield e il batterista Alan “Reni” Wren nella preparazione di un tour imponente che li vedrà esibirsi in mezzo mondo, ma apre pure squarci sugli anni andati, con materiale d’archivio, con bizzarre interviste rilasciate con riluttanza a network televisivi in cerca di un qualche scoop. Nel film c’è molta musica, ovviamente, tutta da ascoltare come un regalo, avvolti dai brividi che l’intensità dei figli prediletti della Manchester della seconda Summer of Love è capace di produrre in quantità. E poi c’è il racconto di un pazzesco concerto gratuito tenuto proprio a Manchester, presso il Warrington’s Parr Hall, annunciato con qualche ora di anticipo attraverso i media e le radio locali e al quale sono stati ammessi solo poche centinaia di fan muniti di un qualche cimelio d’annata della band. Un concerto incredibile, un rito pagano da brividi anche solo vissuto su un grande schermo. E proprio in questo blocco del film che Shane Meadows tocca le corde più profonde del proprio amore per gli esseri umani, donandoci squarci delle vite delle persone che sono accorse all’evento e dell’adrenalina che scorre nelle loro vene.

Un film contagioso, pura gioia visiva e musicale, realizzato con maestria tecnica, e pieno d’amore. •

Alessio Galbiati

 

Visto al 31° Torino Film Festival | sezione After Hours

 

 

The Stone Roses: Made of Stone

Regia: Shane Meadows
Fotografia: Laurie Rose
Fotografia (Giappone): Marc Swadel
Montaggio: Matthew Gray, Chris King, Tobias Zaldua
Musiche: The Stone Roses
Suono (registrazione): Phil Cape, Jon Gilbert, Neil Grainey, David Mitchell
Suono (tecnico di montaggio): Simon Hill, Jo Jackson
Suono (assistente): Ben Hossle
Suono (altri ruoli): Carolynne Philpott, John Rogerson, Johnathan Rush, David Turner
Operatori: Richard Bevan, Mark Bull, Catherine Derry, Steven Gardner, Nick Gillespie, Kyle Heslop, Stijn Jonkhart, Edo Kuipers, Rob Murray, Dean Rogers, Albert Salas, Liam St Pierre, Paul Teverini, Andy Wilkin, Mary Wing To, Rick Woollard
Operatori (addizionale): Frankie Brown, Cody Wren, Marli Wren
Operatori (assistenti): Matt Brannan, Clare Connor, Robert Shaw, Nick Everett, Clare Fuller
Digital Imaging Technician: Anthony Bagley
Riprese aeree: David Baillie
Fotografie: Enda Bowe
Montaggio online: Owen Hulme
Assistenti al montaggio: Jonathan Stenton, Matthew Streatfield
Direttori di produzione: Cecily Barber, Karl Liegis
Produttore: Mark Herbert
Produttori esecutivi: Katherine Butler, Robin Gutch, Alex Marshall, Simon Moran, David Root, Niall Shamma
Line producer: Libby Durdy
Con: Shane Meadows, John Squire, Gary “Mani” Mounfield, Alan “Reni” Wren, Mark Herbert, Liam Gallagher, Eric Cantona
Produzione: Warp Films, Film4 Productions
Lingua: inglese
Paese: UK
Anno: 2013
Durata: 97′

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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