Le iguane, Walt Disney & Papa Ratzinger.
Stralci di conversazione con Werner Herzog.
a cura di Sara Beltrame
Sono 730 i metri quadrati della Hall del CCCB, il centro di cultura contemporaneo di Barcellona. La Hall è solo uno degli spazi nel quale ogni due anni si svolge Kosmopolis, festival della letteratura amplificata (22-26 marzo). Ho controllato: in questi 730 metri quadrati ci stanno sedute tra le 450 e le 500 persone e se c’è una cosa che sorprende in questa città mediterranea è la compostezza delle file mentre si aspetta, indipendentemente dalla lunghezza di quest’ultime. Si aspetta il bus, si aspetta il proprio turno alla posta, si aspetta di entrare a sentire Werner Herzog e si aspetta tutti tranquilli e composti. L’uno rispettando il turno dell’altro.
Prevedendo il pienone, arrivo con tre quarti d’ora d’anticipo.
Ho il press ticket ma so che a Barcellona non serve a farti entrare prima.
Serve ad assicurarti di partecipare a un evento che si prevede esaurito e a risparmiare – eventualmente – i soldi del biglietto (in questo caso 3 euro), ma niente di più.
La fila fuori della Hall è lunga, composta ed elettrica quasi come quella che si formò nel 2008 per vedere Lou Reed. La gente s’era messa lì, birre alla mano, fin dalle prime ore del pomeriggio nella speranza di incrociarlo.
D’altronde è sempre così con Kosmopolis.
Ogni due anni, il calendario messo in piedi dal suo direttore – l’argentino Juan Insua – registra sempre il tutto esaurito. È un festival con un formato straordinario, un’organizzazione impeccabile ed una comunicazione dirompente. Ogni anno mi dico: “Impossibile fare di meglio” e ogni volta mi sbaglio.
Riesco ad entrare quasi subito e a sistemarmi in terza fila, lato destro, vicino al backstage. Mi spingo in avanti per stare vicino alle casse e poterne almeno registrare la voce. Ci avevano detto che forse avrebbe fatto un giro di domande solo con i giornalisti ma alla fine ha cambiato idea. Amen.
Le prime due file di sedie sono riservate agli amici del regista e agli organizzatori del festival. Mi sarei messa lì, altrimenti. Voglio avere la visuale del palco ben centrata, voglio scattare qualche foto-invidia per gli amici che non sono riusciti a venire ma – oibò! – una donna magra, piccola, le spallucce strette, vestita di nero dalla testa ai pedi si muove come una gatta in una cristalleria e non esista a sedersi giusto di fronte a me. Non è per niente alta ma ha i capelli raccolti in uno di quei chignon distratti ma perfetti, chiuso con due pinze da “bagno della domenica” che se mi ci metto io a provare a farlo così male in modo che riesca così bene, ci perdo tutto il pomeriggio. Fatto sta che la sua acconciatura impedisce la visuale sul palco. Approfitto della sedia ancora libera e svicolo un po’ più a destra.
E allora però la vedo bene la maledetta corvaccia che poteva almeno non pettinarsi.
È PJ – ah-ahn – Harvey.
È PJ Harvey.
Il tempo di rendermene conto che le luci si spengono.
Buio in sala.
Noi 499 rimaniamo con il fiato sospeso, PJ si volta a guardarci, mentre parte una musica classica drammaticissima.
Sullo schermo vengono sparati immagini aeree, stracolme di fuoco e fumo nero di uno dei capolavori di Herzog – Apocalisse nel deserto (1992) – mentre Lui fa la sua entrata in scena avvolto dall’oscurità. Si siede e quando le luci si riaccendono, a presentarlo c’è Paul Holdengräber, fondatore e direttore del programma Live della New York Public Library.
Holdengräber sostiene che parlare almeno una volta all’anno con Herzog, gli permetta di mantenersi lontano dalla follia. Hanno dialogato in pubblico più di una dozzina di volte.
Il titolo che hanno scelto per questa seduta durata due ore è “Estasi e terrore nella mente di Dio”. Qui di seguito alcuni stralci interessanti fino al minuto 30. Tutto quello che viene dopo il minuto 30 non è nulla in paragone all’ultima dichiarazione di Herzog al minuto 30.
Minuto 10.05
HERZOG: “Quando stavo dirigendo Nicolas Cage – ne Il Cattivo Tenente – gli dissi che doveva impersonare il diavolo e divertirsi. Gli suggerii su come ridere. Volevo una risata diabolica, ma mi disse che non sapeva farla. Allora gli dissi: «Devi ridere e poi tirare fuori il fiato al limite delle tue possibilità. Cosí: Ahhhh—ghhh—Ahhhghhh e poi ridi.» Lo fece veramente bene… E poi c’è un’altra questione: lui aveva avuto esperienza con la droga e io no. E ci sono scene in questo film nelle quali si cerca di raccontare un certo tipo di estasi raggiunta drogandosi. Sono convinto che l’estasi devi averla sempre nei film, nella letteratura, ma sono anche convinto che ci siano vari tipi di estasi.
Sono davvero stanco, per esempio, di una visione del mondo che ci fa credere che l’Universo sia qualcosa di creato da Walt Disney. La Natura è selvaggia, non estatica! Lì fuori ci sono orsi che possono sbranarti in meno di cinque minuti. Non posso sopportare che la gente mi chieda: «Ma perché non vedi la Natura come Madre Natura?». Non posso sopportare questa definizione della Natura come Madre perché mette in luce un punto di vista romantico del nostro Universo sul quale sono totalmente in disaccordo.”
PAUL: “Ok, ma prima di arrivare a madre natura o alla non madre natura eccetera… vorrei chiederti: e le iguane, in quel film?”
HERZOG: “Amo le iguane. E quando stavamo lì a girare ce n’erano molte. Ho pensato: devono esserci delle iguane da qualche parte, nel film. C’è una scena fantastica dove Nicolas Cage, nel pieno della sua fase d’estasi raggiunta drogandosi, vede delle iguane e le vede solo lui. Non l’avevo programmata questa scena. Venne fuori così. Volevo creare una sorta di cospirazione tra l’audience e il protagonista. I suoi colleghi presenti non vedono le iguane, ma lui si…”
PAUL: “Ok, vediamoci la clip video.”
HERZOG: “Avrete notato che ci sono due tipi diversi di telecamere che stanno registrando in questa scena. Una è la telecamera normale l’altra è una piccola telecamera che stavo dirigendo io. Aveva delle lenti molto piccole ed era collegata ad un registratore. Mi ero messo a due millimetri dalla pelle dell’iguana e stavo cercando di avvicinarmi agli occhi perché sapevo che quello sguardo sarebbe stato davvero molto molto stupido (…)”
PAUL: “Ma perché questa necessità? Di usare le iguane e di farle apparire così stupide?”
HERZOG: “Perché i loro cervelli sono molto piccoli e sono fermamente convinto che siano davvero molto molto stupide (…) Non puoi insegnargli niente. Non capiscono. Non capirebbero – per dire – che cos’è il gioco del calcio: una squadra fa goal in una porta e l’altra fa goal nella porta opposta. Sono troppo stupide. Non possono arrivarci. Mi piace operare in questa zona della creazione: non so a che cavolo servono le iguane, ma le amo. Le amo profondamente. E in qualche modo loro appartengono all’estasi della creazione. E sono molto antiche. Sono delle creature che hanno avuto successo. Sono in giro da milioni di anni, da molto prima di noi, come gli scarafaggi. Sopravviveranno. Noi no. Le spugne sopravviveranno, i microbi anche. Ma questo perché noi esseri umani invece continuiamo a incatenare una serie di sbagli senza smettere mai. Il primo è che siamo in troppi. Stiamo perdendo le risorse, le stiamo esaurendo…”
PAUL: “…e le iguane invece, ce la faranno…”
HERZOG: “Sì perché loro non hanno bisogno di tutte le cose lussuose che a noi piacciono. Il loro cibo è semplicissimo e noi invece ci stiamo inoltrando in un modello sempre più complesso di alimentazione come diventare vegetariani o … vegani (pronuncia la parola con esplicito ribrezzo ndr): una abominazione di per se stessa…”
Alcuni di noi 499 ridono molto, un applauso corale stenta a partire. PJ Harvey non muove un muscolo.
“Andate in Bangladesh o nel sud del Sudan e parlate con la gente che sta morendo di fame. Ditegli che c’è gente vegana. Questo è il mio consiglio.”
Minuto 24.37
HERZOG: “Dobbiamo essere coscienti che quando utilizzo il nome Dio, sto pensando a qualcosa di molto diverso dalla creazione dell’Universo. Il modo in cui vedo il mondo mi è diventato sempre più chiaro recentemente: c’è sempre nella visione della Natura, nelle cose che contiene, un certo grado di terrore. Qualcosa che non è amichevole. Non è amichevole quello che c’è lì fuori. La Natura di per se stessa non è amichevole con noi. Abbiamo avuto bisogno di dieci mila anni per addomesticare gli animali e coltivare la terra. Bruce Chatwin, lo scrittore inglese, diceva che uno dei peccati archetipici della razza umana fu lasciare una vita da nomadi per una sedentaria. Questo è il peccato originale. Tutti i problemi sono iniziati lì. La vita sedentaria ha portato le città, il sovrappopolamento, la conoscenza, la tecnologia etc… cose che non riusciamo più a gestire. Ma le cose stanno così e non direi mai che dobbiamo tornare ai tempi del Paleolitico, sarebbe stupido. Bisogna che guardiamo a quello che siamo e a quello che è stata la nostra preistoria, come siamo arrivati a questo punto e decidere che cosa vogliamo fare ora. Mi dico che dobbiamo guardare dritto in faccia a questo momento. Dobbiamo relazionarci con quello che stiamo facendo. Invece c’è sempre questa specie di sorriso amichevole nei film, nelle storie che vengono trasmesse nella BBC o nella televisione americana: ci deve sempre essere il lieto fine. Dobbiamo sempre raccontare qualcosa sui panda o su una mamma tigre che allatta un agnellino perché sua madre è morta e lui è rimasto orfano cosi la mamma tigre cresce l’agnellino e lui è accettato dagli altri tigrotti come parte della famiglia…”
Ridiamo molto tutti i 499. PJ si sistema i capelli.
HERZOG (continua): “…quindi questo è esattamente quello che non voglio fare. Sono stanco di tutto questo (…). Quando lavoravo a Fitzcarraldo, per esempio, sono successe cose tremende che avevo tralasciato, durante le riprese. Ogni volta c’era qualcosa che andava male ed inevitabilmente, sempre, tutto andava nella direzione sbagliata (…) Ma non avevo ancora capito cosa questo significasse…”
Minuto 27.56
PAUL: “Ok, ma è ancora complicato per noi capire che cos’è per te la mente di Dio. Cosa sta pensando la mente di Dio?”
HERZOG: “Ero molto affascinato dal Papa precedente a questo, il Papa della Baviera, Benedetto. Perché ho letto i suoi discorsi.”
PJ si sistema meglio sulla sedia. Appoggia la schiena, incrocia le gambe. Noi 499 stiamo zitti e fermi, invece.
HERZOG (Continua): “In particolare ho letto quello di quando andò a visitare Israele ma soprattutto il discorso che fece quando andò ad Auschwiz. Nel suo breve discorso di due pagine e mezzo – un discorso davvero molto denso, molto profondo – per tre volte dice: «Quando tutto questo accadde, quando il genocidio accadde, dov’era Dio allora?» Per tre volte si chiede dove fosse Dio. E – ovviamente questo è il mio punto di vista – credo che una parte della ragione per cui poi si dimise è contenuta in questa domanda. Credo che abbia avuto dubbi su Dio, sul fatto che esista o meno. Addirittura il Papa se l’è chiesto. Ed è forse una delle ragioni delle sue dimissioni…”
Qualcuno dei 499 mormora decisamente a questa affermazione.
HERZOG (continua): “…Sto solo speculando. Ma prima che sia troppo tardi, mi piacerebbe incontrarlo e chiederglielo. È una delle più grandi domande che avrei da fare.”
PAUL: “Ok…dammi un paio di altre domande che gli faresti…”
HERZOG: “Gli chiederei sulla sua fede. Quanto solida è la sua fede? Mette o no in dubbio Dio? Qual è il significato della Creazione, per lui? Ma, ecco, questo forse è un sogno quasi febbrile, tutto mio…”
PAUL: “Sì ma… i tuoi sogni febbrili poi diventano realtà, Werner…”
HERZOG: “(…) Mi piacerebbe ovviamente parlargli ma è molto riservato e credo di avere davvero poche possibilità e quindi penso che forse è meglio farsi un’idea propria, mentre si leggono i suoi discorsi (…) è stato il più grande pensatore nel Vaticano degli ultimi 300 anni ma è stato anche un disastro con i media, un disastro nell’amministrazione, un disastro in molte altre cose. Mi piace per la profondità che ha di sondare quei momenti della nostra storia che Dio non ha potuto o voluto evitare che accadessero. Qualche volta si ha l’impressione che Ratzinger stia in bilico tra due diversi stati del suo pensiero: uno più filosofico e l’altro quasi magico…”
Il momento più herzoghiano è stato senz’altro questo per noi 499 comuni mortali stipati nella Hall del CCCB: immaginarci Herzog e Ratzinger, seduti l’uno di fronte all’altro, in un mattino d’inverno, a conversare sull’Estasi e sul Terrore nella Mente di Dio.
Immaginarci questo e sperare che accada.
Sperare che Papa Ratzinger venga presto a saperlo. Che qualcuno lì in Italia glielo dica, insomma.
Di quello che abbia pensato PJ a riguardo, non ne abbiamo invece la più pallida idea. •
Sara Beltrame
KOSMOPOLIS
The Amplified Literature Fest
CCCB | 22-26 march 2017
kosmopolis.cccb.org
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