Il ritorno dei Repressi. “Happy End” di Michael Haneke

Il ritorno dei Repressi

Non dovremmo preoccuparci più di nulla finché avremo a disposizione i nostri dispositivi, stretti nella mano, a portata di tastiera, perché è lì che si scatenano tutte le pulsioni, le più sporche, mediocri, maleducate logiche verso noi stessi e verso quelli che desideriamo.
Che poi in fondo sono gli stessi che odiamo.

Nell’ultimo film di Michael Haneke, Happy End, ingiustamente maltrattato al Festival di Cannes di quest’anno, riappaiono come per miracolo tutti i temi più affascinanti dell’autore, quelli de La Pianiste e di Funny Games, assopiti appena un po’ dopo Amour. A muovere tutto è la repressione dei suoi personaggi, scontenti, annoiati del benessere, in cerca di un controllo fisico e morale sulle loro scelte e su quelle degli altri, eppure incapaci di ammettere la sconfitta. Ogni pulsione, ogni ribellione viene nascosta sotto la sabbia, per non essere vista o scoperta dagli altri.
Eve ha solo tredici anni ed è cresciuta guardando i video su YouTube. Sua madre è in coma in ospedale e suo padre lo ha visto durante qualche vacanza estiva. Ma Eve osserva tutto e capisce tutto, a modo suo, così quando il padre di “prime nozze”, figlio di una famiglia di imprenditori di Calais, è costretto a riprendersela in casa, essendo l’unico genitore in grado di occuparsene, scopre che in quella famiglia qualcosa non va.
Il nonno Georges (un amareggiato Jean-Louis Trintignant) scappa di notte, senza patente a bordo della sua ex automobile per andarsi a schiantare contro un palo della superstrada; la zia Anne (Isabelle Huppert), è tutta impegnata a fare bella figura con gli avvocati e con i manager dell’azienda senza mai dimenticare di calpestare l’autostima dei suoi cari e dei suoi colleghi, anche quando nel cantiere di famiglia, a causa di un incidente, muore uno dei suoi operai.
Suo cugino Pierre, (Franz Rogowski) il figlio di Anne, si ubriaca tutte le sere e balla in un karaoke club nel porto di Calais facendo ridere tutti gli avventori del locale, i quali poi finiscono per ignorarlo, come del resto lo ignora tutta la società borghese di cui fa parte.
E poi c’è il padre di Eve, Thomas, interpretato da un Mathieu Kassovitz irrimediabilmente vigliacco e macchiato di una qualche colpa inconscia, avvolto da un mantello di finte sicurezze che si è risposato e ha fatto un altro figlio, con una donna triste che lo guarda a malapena negli occhi.

Questa è l’occasione giusta per ricominciare, pensa Eve.
Liberatasi di quella madre sempre sola e uguale a se stessa, all’improvviso, in un colpo solo ha una nuova famiglia, un padre tutto per sé e un fratellino appena nato. Ma la sua vecchia situazione forse non ha nulla da invidiare alla nuova.
Questi novizi ricchi parenti si nascondono dietro morbose chat di Facebook, party di ringraziamento, cause legali vinte con le mazzette e l’assoluta convinzione che tutto si possa aggiustare, perché la forma è tutto. La gentilezza, la grazia e l’eleganza risolveranno ogni conflitto, ogni difetto anche se questo ha a che fare con il desiderio impellente di morire e sparire per sempre da questa terra.
Per un attimo ci viene quasi in mente che possa trattarsi del seguito di Amour, uno spin off, perché c’è un vecchio nonno, che dopotutto non ne può più di vivere, ha una figlia inespressiva e una moglie defunta che gli manca terribilmente. Ma no, non siamo in Amour, qui l’inconveniente di esserci cerca uno sfogo burlesco, terapeutico.

Nel cinema di Haneke la vita quotidiana dei personaggi scorre lenta, a volte in modo soporifero, eppure utilizzando la pratica dell’allontanamento dal dialogo, quello più crudele di tutti, ovvero l’abilità di rimanere con la telecamera (e col microfono) distante dal conflitto e lasciandoci percepire solo la rabbia, Haneke concentra e mantiene una forza speciale.
Quello che NON abbiamo visto, sentito, e forse neanche capito è lì con la sua forza propulsiva pronto a distruggere tutto ciò che avverrà dopo.

E noi pre-sentiamo come una vertigine. •

Giuliana Liberatore

 

 

HAPPY END
Regia, sceneggiatura: Michael Haneke • Fotografia: Christian Berger • Montaggio: Monika Willi • Costumi: Coralie Sanvoisin • Trucco: Frédérique Ney, Vesna Peborde, Fabie Roger • Produttore: Margaret Ménégoz • Interpreti principali: Isabelle Huppert (Anne Laurent), Jean-Louis Trintignant (Georges Laurent), Mathieu Kassovitz (Thomas Laurent), Fantine Harduin (Eve Laurent), Franz Rogowski (Pierre Laurent) • Produzione: ARTE France Cinéma, France 3 Cinéma, Les Films du Losange, Wega Film, X-Filme Creative Pool • Rapporto: 1.85 : 1 • Paese: Francia, Austria, Germania • Anno: 2017 • Durata: 107′

 

 

Michael Haneke in Rapporto Confidenziale



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