«La causale apparente, la causale principe, era sì, una. Ma il fattaccio era l’effetto di tutta una rosa di causali che gli eran soffiate addosso a molinello (come i sedici venti della rosa dei venti quando s’avviluppano a tromba in una depressione ciclonica) e avevano finito per strizzare nel vortice del delitto la debilitata “ragione del mondo”.» Così Carlo Emilio Gadda pone la questione omicidiale al principio di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana: un intrico di «tutta una rosa di causali» nelle quali il commissario Ingravallo verrà trascinato. Allo stesso modo Matteo Garrone con Ugo Chiti e Massimo Gaudioso sceneggiano «la debilitata “ragione del mondo”» dandole il volto e il corpo del suo protagonista, Marcello. Pur partendo da un fatto di cronaca, l’omicidio del pugile dilettante Giancarlo Ricci per mano di Pietro De Nigri – er canaro –, avvenuto nel quartiere Magliana a Roma nel 1988, Dogman evita per stile e intenzione manifesta di seguire un registro realista e sposta la propria narrazione su di un ordito fantastico d’una serie limitata di elementi cinematografici. Quel che più impressiona, in Dogman, è la parsimonia complessiva dell’opera, si ha come l’impressione che l’intero film sia costruito a partire dal minor numero di elementi significanti possibili. Pochi attori, poche location, pochissime linee narrative, pochi oggetti di scena e pure dentro alle singole inquadrature l’occhio della macchina da presa isola frammenti da un quadro più ampio che sempre ci è nascosto. L’impressione è di trovarsi di fronte a un film che nulla aggiunge alla filmografia del suo realizzatore ma allo stesso tempo dinnanzi all’essenzialità della propria arte. Dogman è un’opera “fatta ad arte”, con mestiere, figlia d’un esperienza artigiana che dal lavoro sull’immagine (Nicolaj Brüel), passando per il montaggio (Marco Spoletini), i costumi (Massimo Cantini Parrini) e le scenografie (Dimitri Capuani) non è mai meno che eccellente. A questo si somma la potenza espressiva ed emozionale dell’interpretazione di Marcello Fonte, che ci regala una performance memorabile giustamente premiata a Cannes. Ma sarebbe ingiusto non rimarcare la straordinaria prova di Edoardo Pesce che riesce a dare corpo alla folle bestialità di Simoncino, con un’interpretazione di disumana fisicità.
Ma l’astrattezza fantastica del Dogman di Garrone somiglia troppo alla realtà per farcela dimenticare. •
Alessio Galbiati
DOGMAN
Regia: Matteo Garrone • Sceneggiatura: Ugo Chiti, Massimo Gaudioso, Matteo Garrone • Fotografia: Nicolaj Brüel • Montaggio: Marco Spoletini • Musiche: Michele Braga • Scenografia: Dimitri Capuani • Costumi: Massimo Cantini Parrini • Produttori: Matteo Garrone, Jean Labadie, Jeremy Thomas, Paolo Del Brocco • Produttore esecutivo: Alessio Lazzareschi • Interpreti principali: Marcello Fonte (Marcello), Edoardo Pesce (Simoncino), Alida Baldari Calabria (Alida), Nunzia Schiano (madre di Simoncino), Adamo Dionisi (Franco), Francesco Acquaroli (Francesco), Gianluca Gobbi (commerciante del quartiere) • Produzione: Archimede, Rai Cinema, Le Pacte • Rapporto: 2,35 : 1 • Camera: Arri Alexa Mini (ARRIRAW) • Laboratorio: Grande Mel (Roma) • Negativo: CFast 2.0 • Processo fotografico: ARRIRAW 3.4K (source), Digital Intermediate 2K (master) • Paese: Italia, Francia • Anno: 2018 • Durata: 102′