“Il potere” di Augusto Tretti (1971)

«Tretti è il matto di cui ha bisogno il cinema italiano.»
Federico Fellini

In questi tempi cupi ripassiamo i fondamentali. “Il potere” di Augusto Tretti, “il matto di cui il cinema italiano ha bisogno”, è un capolavoro misconosciuto della nostra cinematografia. “Un fenomeno isolato o, peggio, da isolare” fu Tretti. Ma il suo cinema è ancora qui con noi, come il potere che pur continuando a mutare forma, a camuffarsi ogni istante per ciò che non è, anche in questa pandemia, lotta per non perdere le redini della società. Lui lotta, il potere, ma noi che facciamo? Che abbiamo intenzione di fare?

 

Il potere
(Ennio Flaiano / pubblicata su «L’Espresso» il 14 novembre 1971)
Negli scaffaloni della cinematografia italiana, Augusto Tretti, coi suoi due film, «La legge della tromba» e «Il potere» (due film in dieci anni, e il primo mai visto, se non da pochi amici), è difficile da collocare. Bisogna rinunciarvi. Resterà un fenomeno isolato o, peggio, da isolare. Forse avrà, in questo paese di manieristi, degli imitatori, ma sicuramente goffi o soltanto furbi. Il dono di Tretti è una semplicità che non si copia, presuppone la superba innocenza dell’eremita. E’ una semplicità che riporta l’immagine fotografica alle composizioni di Nadar, di Daguerre, e anche al non-realismo, cioè agli spazi e al nitore dell’affresco. Eppure Tretti non è un esteta, né chiede all’immagine se non di sostenere un suo elementare discorso. Lo si può, volendo, liquidare con due definizioni: goliardico, naif. Alcuni lo fanno. Ma sono definizioni sbagliate. I goliardi e i naifs non hanno rigore, si fermano alle prime osterie, si divertono, riempiono le domeniche. Tretti non si diverte, benché sia difficile non divertirsi anche, vedendo i suoi films. Egli ha fatto sua la lezione di Brecht, ma la svolge senza grandi apparati e con estro vernacolo. Il suo discorso è «papale papale», come si diceva una volta a Roma, cioè franco, diretto. La sua comicità è veneta, se si pensa al Ruzzante e ai suoi attori presi dalla strada (ma, intendiamoci, proprio strada, di paese e di campagna), e dalle osterie. E’ fantastica, iperletteraria, se si pensa ad Alfred Jarry. Altri nomi non suggerisce. Bisogna accettarlo e tener presente che niente in lui è ingenuo o copiato, ma viene da una cultura ben digerita, strizzata alla radice, e da un naturale apparentemente benevolo. Non lascia niente al caso. La ricerca della bellezza, dell’effetto, che rovina tanti nuovi autori e li spinge continuamente a cercare salvezza nel kitsch del giorno, (nel criptokitsch), cioè nelle immagini dettate dalla moda, dal vento che tira, dalle esperienze riuscite degli altri, dalla loro presunzione di registi che «vedono bene», è in Tretti una ricerca della cosa essenziale, adrammatica, messa in vitro e osservata alla macchina da presa, che diventa una specie di microscopio. Si potrebbe citare anche Hogarth per certi effetti di pomposità caricaturale, ma è meglio non farlo. I suoi personaggi non sono mai burattini, esistono nel momento in cui si realizzano e ritornano sotto altre vesti al momento opportuno. Per ritrovare certe immagini grottesche del fascismo, la sua complessa stupidità, credo che potrebbe soccorrerci soltanto Mino Maccari.
Tretti fa un cinema didascalico da sillabario, vuol dire una sua idea della società, e perché non gli piace. Ci riesce per una sua forza derisoria che si avvale d’impassibilità, di non-compiacimento. I volti esemplari, il modo di muoversi, la solitudine dei suoi attori (folle di otto persone, eserciti di dodici soldati), riportano il cinema a un eden dimenticato; a grandi spazi fatti di paesi, monti e campagne della memoria. Quando vuol colpire lo fa con la rapidità dell’evidenza. Si serve di un discorso volutamente dimesso perché ha le idee chiare. E’ anche difficile collocarlo nello scaffale di sinistra. Egli si ritiene anarchico, di linea veronese, cioè un po’ folle. Le sue bombe scoppiano con un enorme rispetto della vita umana, ma non a vuoto.
Alla mostra di Venezia si è presentato, contro il parere dei suoi molti amici e sostenitori, perché da dieci anni c’era un pubblico, ha bisogno del controllo di un pubblico. Risultato: il successo del «Potere» è stato imprevisto e chiaro: applausi ai due spettacoli. All’Arena, due minuti precisi di applausi. Tretti li ha cronometrati. Il giudizio che pesava su di lui, di non tener conto delle leggi dello spettacolo, di non essere di nessuna corrente, è caduto; anche (e forse soprattutto) se qualche critico lo ha trattato come un caso divertente, con l’affetto che si riserva agli innocui.
Per fare «Il potere», Tretti ha impiegato sette anni, di cui sei senza far niente, solo pensare al suo film, essendo venuto a mancare di colpo il produttore. Ha vissuto per sei anni con le bobine del suo film incompiuto sotto il letto. Infine ha trovato due produttori che gli hanno permesso di terminarlo. Ma un film finito non è necessariamente un film vivo: ha bisogno di essere «distribuito», visto, discusso. Penso che se questo film (e me lo auguro) arriverà nelle sale comuni – e non sarà quindi costretto a fare il giro dei festival, come numero di attrazione naif – impressionerà il pubblico per le sue qualità di feroce e austera comicità. •
Ennio Flaiano

 

IL POTERE
regia, soggetto, sceneggiatura: Augusto Tretti • fotografia (b/n): Ubaldo Marelli • montaggio: Giancarlo Rainieri • musica: Eugenia Tretti Manzoni • suono: Giuseppe Donato • scultore delle maschere: Mario Gottardi • interpreti: Paola Tosi (donna dell’età della pietra, indiana, visitatrice azienda agricola), Massimo Campostrini (Tiberio Gracco, indiano, deputato socialista), Ferruccio Maliga (Cardinal Concordato, vescovo), Giovanni Moretto (uomo dell’età della pietra, indiano, operaio), Diego Peres (uomo dell’età della pietra, indiano, operaio), Augusto Tretti (Mussolini, il potere militare, il potere commerciale, il potere agrario) • produzione: Federico Pantanella e Mario Fattori per la Aquarius audiovisual • distribuzione: Italnoleggio • visto di censura: n. 59915 del 20.03.72 • prima proiezione pubblica: 26/07/1972 • c. pr.: Acquarius Audiovisual / Tretti, A., Milano • formato: 35mm • paese: Italia • anno: 1971 • durata: 90′

 

VIVA AUGUSTO TRETTI! (speciale RC)

 

grazie a Nomadica per la messa online.



L'articolo che hai appena letto gratuitamente a noi è costato tempo e denaro. SOSTIENI RAPPORTO CONFIDENZIALE e diventa parte del progetto!







Condividi i tuoi pensieri

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.