l’articolo è stato pubblicato su RAPPORTO CONFIDENZIALE numero24 (aprile 2010) – pagg. 50-53
THE MUMMY,UN MOSTRO DI BUON CUORE
Una squadra di archeologi scopre la mummia del Faraone Imhotep, che si era fatto imbalsamare vivo nella speranza di riportare in vita la sua amata Ankhesenamon, uccisa in un rito sacrificale. Scappato dai suoi scopritori e assunta l’identità del compassato Ardath Bay, una decina di anni dopo Imhotep indica a una nuova spedizione il luogo dove la sua amata è stata sepolta. Trovata e donata al museo del Cairo, Imhotep crede si sia reincarnata come Helen Grosvenor, figlia del governatore britannico.
Anckesenamon, my love has lasted longer than the temples of our gods.
No man ever suffered as I did for you.
(Imhotep, alias Ardath Bey)
La mummia è l’unico tra i mostri della Universal ad essere basato su uno spunto più o meno reale, una storia che attinge, pur in modo ovviamente molto fantasioso, alla cronaca. Sin dal 1891, l’archeologo inglese Howard Carter si era mosso per l’Egitto alla ricerca di tombe di Faraoni. Nel 1922 ne trovò una: quella dell’allora sconosciuto Tutankhamon. La scoperta fece enorme sensazione sviluppando nella gente un gusto per l’antico Egitto e i suoi misteri. A scatenare la curiosità popolare, l’iscrizione trovata sulla tomba che auspicava la morte per chiunque avesse disturbato il sonno del re. Una vera e propria maledizione capace di sortire effetti nefasti, per come venne interpretata dai media che la cavalcarono a lungo.
Non deve quindi sorprendere il sapere che, per un intero decennio, chiunque fosse morto tra coloro che erano stati coinvolti nella scoperta della tomba, sarebbe stato per l’opinione pubblica una vittima della maledizione. Del resto molti aneddoti legati alle morti delle persone lasciavano intendere la veridicità ed efficacia della maledizione. Nel 1929, la stampa contava ben undici persone morte di morte non naturale tra quelle coinvolte nel ritrovamento. Nel 1935 il numero era salito a 21.
Non era forse questo uno spunto di grande effetto per un film? Laemmle Jr. aveva bisogno di una nuova storia per rinnovare il ciclo di horror dal crescente successo da lui avviato nel 1925 con The Phantom of the Opera. Inoltre, il successo ottenuto da Boris Karloff in Frankenstein era un patrimonio da non dissipare, era quindi necessario trovare per lui un nuovo ruolo di grande effetto.
Detto fatto: i capi del settore sceneggiature della Universal vennero messi al lavoro e un primo risultato fu “Cagliostro”, poi ribattezzato “King of the Dead”, ad opera della giornalista e sceneggiatrice Nina Wilcox Putnam e di Richard Schayer. La storia venne quindi rivista in modo sostanziale dall’ormai immancabile John L. Balderston che, oltre ad avere avuto un ruolo fondamentale nella creazione delle versioni cinematografiche e teatrali di Frankenstein e Dracula, era un appassionato di storia (v. RC numero22, gennaio 2010). A dimostrazione della sua conoscenza, la mummia ha il nome di Imhotep, lo stesso del primo architetto ad avere progettato una piramide.
Curiosamente, Balderston, corrispondente a Londra per il New York World ai tempi della Prima guerra mondiale, aveva assistito in qualità di cronista all’apertura della tomba.
Il risultato dell’adattamento di Balderston presenta alcune somiglianze con quello di Dracula: entrambi narrano di un essere più o meno maligno che, muovendosi con sembianze umane, vive un’ossessione per una donna che si considera morta e tornata sulla terra sotto altre spoglie. Non solo: parte del set del film di Browning e Freund venne riutilizzato e dal film tornarono anche, sempre in un secondo ruolo, gli attori David Manners e Edward Van Sloan. La storia torna a mescolare i generi, così come era successo per The Phantom of the Opera e Dracula: il film è sì un horror dalle atmosfere cupe, pur blando nell’azione, ma la sua componente sentimentale, con Imhotep alla ricerca della reincarnazione della sua amata, la principessa Ankhesenamon, è sempre in primo piano. È sicuramente questa commistione ad avere richiamato al cinema un pubblico eterogeneo che del film apprezzò le ottime interpretazioni, l’attenta direzione artistica grazie alla ricostruzione degli ambienti egizi curata dall’artista Willy Pogany, e la verosimiglianza della mummia realizzata dal mago del trucco Jack Pierce.
La scelta per la direzione cadde su Karl Freund, al suo primo impegno in questo senso (se non si calcola Dracula. v. RC22, febbraio 2010) ma che si era guadagnato gli onori come direttore della fotografia. Noto per avere lavorato in Europa con registi del calibro di, tra gli altri, F.W. Murnau e Fritz Lang, era considerato un innovatore grazie alla sua capacità di inventare soluzioni che in alcuni casi precorsero decisamente i tempi, anticipando addirittura l’uso del Dolly grazie al ricorso a un vagone motorizzato.
Jack Pierce tornò ovviamente a occuparsi del trucco come aveva fatto per The Phantom of the Opera, Dracula e Frankenstein. Il trucco per Karloff era molto elaborato e richiedeva otto ore per crearlo e altrettante per rimuoverlo.
Dopo un tentativo di avere Katherine Hepburn nel ruolo di protagonista femminile, la Universal assolda l’attrice teatrale ungherese di nascita, newyorchese di adozione, Zita Johann. L’attrice provava un profondo disprezzo per Hollywood al punto di dichiarare nel 1979 allo storico del cinema Gregory W. Mank: “Avevo più rispetto per le puttane della 42. Strada che per le star di Hollywood”.
L’attrice, forte e indipendente, si era fatta numerosi nemici nella capitale del cinema per la sua attitudine a dire sempre ciò che pensava, soprattutto in un ambiente dominato dagli uomini. Leggenda vuole che entrò nell’ufficio di Irving Thalberg e gli chiese: “Irving, perché fai schifezze come questa?” al che Thalberg rispose: “Per soldi, Zita, per soldi”. La risposta, malgrado lei si ritenesse troppo brava per Hollywood, la convinse – la paga di 7’500 Dollari alla settimana non sarà certamente stata estranea al ripensamento – così come la sua irruzione nell’ufficio di Thalberg convinse lui.
Le lotte tra lei e Freund pare fossero memorabili, come i tentativi di lui di farla sostituire che compresero anche la richiesta di recitare in una scena nuda dalla vita in su cui lei rispose: “Sarò felice di fare questa scena, a condizione che tu riesca a farla passare in censura”. Non è tutto: pare che lui la costringesse a stare in piedi per ore per non creare pieghe nel suo costume di scena e arrivò a farla recitare senza protezioni in mezzo a veri leoni, pur ammaestrati, mentre lui dirigeva dentro una gabbia a proteggerlo. Tutto questo però non sortì l’effetto desiderato dal regista e la Johann terminò il film.
Alla sua tenacia potrebbe non essere stata estranea la sua passione per l’occultismo e le sue convinzioni in merito alla reincarnazione, che le avevano reso piacevole il ruolo di Nackesenamon. In anni più recenti,quando ormai si era ritirata e insegnava recitazione, era solita chiamare gli spiriti dei personaggi da interpretare, come racconta lo storico del cinema David Del Valle.
Il successo del film fu clamoroso, sia a livello di pubblico – ormai il marchio era noto e garanzia di qualità – che da parte della critica, che del film aveva apprezzato le lugubri atmosfere.
Visto il successo dei seguiti girati per i suoi predecessori Dracula e Frankenstein, anche The Mummy ebbe il suo primo otto anni dopo. The Mummy’s Hand aveva ben poco della qualità dell’originale. Allo scarsissimo risultato artistico non sono estranee le ristrettezze economiche: il film, diretto da Christy Cabanne, conteneva scene tratte dal film originale e la musica era quella di Son of Frankenstein. Nemmeno Karloff fu della partita e il ruolo venne affidato alla star del Western Tom Tyler e la mummia cambiò nome prendendo quello di Kharis. Un secondo seguito, The Mummy’s Tomb (1942) venne girato con altrettanto risparmio di mezzi. Stavolta il ruolo di Kharis passò a Lon Chaney Jr., che ne era totalmente insoddisfatto per la sua inconsistenza. Malgrado questo, tornò per un terzo e un quarto seguito, The Mummy’s Ghost (1944) e The Mummy’s Curse, girato in dodici giorni e uscito contemporaneamente al precedente per essere proiettato unitamente a House of Frankenstein (v. RC numero23, marzo 2010). Nel 1954 la storia passò ad essere parodiata, come era successo per i mostri precedenti, grazie al duo comico Abbott e Costello in Abbott and Costello Meet the Mummy (in Italia Il mistero della piramide), con Eddie Parker, uno stunt man, nel ruolo della mummia. Nessuno dei seguiti ha una reale attinenza con il primo film, scegliendo di puntare sulla mummia come essere spaventoso e eliminando la componente drammatica-sentimentale.
Come già era accaduto per gli altri mostri, pochi anni dopo la Hammer iniziò una propria serie: The Mummy (1959) viene diretto da Terence Fisher e ha come protagonisti Peter Cushing e Christopher Lee (nel ruolo della mummia). Il suo seguito The Curse of the Mummy’s Tomb (Il mistero della mummia, Michael Carreras, 1964), ha come protagonista Dickie Roberts. Segue The Mummy’s Shroud (Il sudario della mummia, John Gilling, 1967) con Eddie Powell e quindi Blood from the Mummy’s Tomb (Exorcismus – Cleo, la dea dell’amore, Seth Holt e Michael Carreras, 1971), tratto da un racconto di Bram Stoker, autore di “Dracula”.
La mummia sparirà per lungo tempo per ritornare clamorosamente nel 1999 grazie a Stephen Sommers che, sempre per la Universal, gira una versione ipertecnologica e molto più versata sul genere avventuroso di The Mummy, con tanto di serie televisiva animata per bambini a seguire prodotta sempre dalla Universal. Il suo seguito, The Mummy Returns del 2001, bissò il successo del precedente e diede il via a un film derivativo: The Scorpion King (2003) di Chuck Russell.
Roberto Rippa
The Mummy (La mummia, 1932)
Regia, fotografia: Karl Freund • Soggetto: Nina Wilcox Putnam, Richard Schayer • Sceneggiatura: John L. Balderston • Musiche: James Dietrich • Montaggio: Milton Carruth • Direzione artistica: Willy Pogany • Interpreti principali: Boris Karloff (Imhotep), Zita Johann (Helen Grosvenor), David Manners (Frank Whemple), Arthur Byron (Sir Joseph Whemple), Edward Van Sloan (Dottor Muller), Bramwell Fletcher (Ralph Norton) • Durata: 73’
DVD
Come già segnalato nei numeri scorsi per i precedenti film della serie, l’edizione più completa è quella statunitense, che comprende il film principale e i suoi seguiti accompagnati dal documentario di David J. Skal “Mummy Dearest: A Horror Tradition Unearthed” e dal commento audio – solo per The Mummy – dello storico del cinema Paul M. Jensen. Audio solo in inglese e spagnolo, sottotitoli in francese e spagnolo.
L’edizione italiana, comprende solo La mummia e i contenuti extra dell’edizione americana.
Naturalmente l’edizione è sempre Universal.
Fonti
• “Mummy Dearest: A Horror Tradition Unearthed”, David J. Skal, Universal Home Video, 1999
• Universal Studios Monsters: A Legacy of Horror, Michael Mallory e Stephen Sommers. Universe, 8 settembre 2009
• Monsters: A Celebration of the Classics from Universal Studios, Roy Milano, Jennifer Osborne, Forrest J. Ackerman. Del Rey, 26 settembre 2006.
• Jack Pierce: The Man Behind The Monsters, Scott Essman. CreateSpace, giugno 2000.
• Wikipedia.org • IMDb.com • IMDb.it
Complimenti per il bell’ articolo su questo film classico d’orrore. Le fotografie sono stupende!
Ankhesenamon non era uccisa in un rito sacrificale. Era morta d’uno strano morbo. Poco dopo la sua sepoltura, il Gran Sacerdote Imhotep cerco’ di rubare un sacro papiro nella speranza di riportarla in vita. Per questo atto sacrilego, viene sepolto vivo assieme con il papiro. 3,700 anni dopo, la sua mummia e il papiro vengono scoperti. Un giovane egittologo legge a voce il papiro e la mummia ritorna in vita! Ruba il papiro e sparisce nelle notte. L’egittologo muore ridendo in manicomio. 10 anni dopo, assunta l’identita’ di Ardeth Bey, Imhotep ritrova l’anima dell’ innamorata reincarnata in Helen Grosvenor. Cerca, poi, di prendere possesso della giovane donna, anima e corpo!