Trama
Gli Hoover sono una famiglia quantomeno curiosa: il figlio Dwayne passa le giornate a leggere Niezsche e ha fatto un voto di silenzio, il padre Richard è il fallimentare inventore di un metodo per raggiungere il successo, il nonno è stato cacciato dalla casa per anziani di cui era ospite per la sua abitudine di sniffare eroina e lo zio è ospite in casa loro dopo essere stato dimesso dall’ospedale dove è stato ricoverato per un tentativo di suicidio. In questo caos l’unica persona normale sembra essere la piccola Olive, l’ultimogenita, che sogna di partecipare a uno dei tanti concorsi per piccole “miss” che si svolgono negli Stati Uniti. Giunta la notizia dell’ammissione al concorso che eleggerà Miss Sunshine, l’intera famiglia, alla guida di uno scassato furgoncino giallo, parte alla volta della California per accompagnare la bimba.
Commento
Che piccolo film curioso questo di Valerie Faris e Jonathan Dayton (pubblicitari, inventori di un programma per MTV e di una serie per la HBO, quella di Sex & the City e Six Feet Under). Curioso perché la tanta carne che mette al fuoco sembra promettere una commedia agrodolce con spazio per la satira sociale (il mito statunitense del successo personale) e invece, ogni volta che questo sembra avvenire, il tutto si sgonfia.
I personaggi sono tutti potenzialmente interessanti e amabili ma il ritmo dato alla storia non permette alcun approfondimento e i personaggi rimangono pura superficie. Gli attori sono tutti molto bravi e in parte ma è proprio la parte a mancare spesso loro.
Non mancano momenti molto brillanti: la cena tipicamente americana in famiglia a inizio film, non esattamente un momento di aggregazione, e tutta la parte dedicata al concorso di bellezza, che riporta il film a volare ad alta quota. Peccato che a quel punto il film volga al termine.
Il risultato non è sgradevole, sia chiaro, ma resta l’impressione di un’opera riuscita solo a metà, ed è curioso anche questo, visto che il film ha avuto una gestazione lunga e complicata.
Uno dei candidati più probabili al premio del pubblico.
Roberto Rippa
Olive Hoover, pur essendo arrivata seconda alle qualificazioni, è una piccola reginetta dei concorsi di bellezza locali per bambini, istruita e seguita dal nonno.
Un nonno paterno brillante, che sniffa eroina e per questo è stato cacciato dalla casa di riposo. Poi ci sono un giovane zio materno, gay e con un prestigioso recente passato di esperto di Marcel Proust, ma quasi suicida per amore, un fratello adolescente che ha fatto il voto del silenzio per essere ammesso alla scuola per piloti d’aereo, una situazione che capita a proposito per esprimere disprezzo ai propri genitori, un padre che crede di aver scoperto la formula magica del successo e, mentre cerca invano di venderla, assilla i suoi familiari sperimentandola in casa. Infine, una madre che tenta di tenere insieme i pezzi di una famiglia americana.
Una famiglia che, improvvisamente, si trova in viaggio su un vecchio furgone Volkswagen saltato fuori, chissà come, da Woodstock e dagli Anni Settanta, a interpretare un road movie che si snoda su strade che potrebbero portare a Sarajevo, considerando l’analogia con alcune situazioni dei film di Kusturica, ma che
invece conducono alla terra dell’oro, la California, per le finali di Little Miss Sunshine, un “vero” concorso riservato alle micro miss.
Lo scenario sono gli Stati Uniti occidentali e il film una metafora dell’america vincente ad ogni costo, quella che tra i mille volti di un continente tanto vasto crede, unica e sola, di potersi meritare la A maiuscola: è la terra dove conta solo arrivare primo, che si viva in una delle città simbolo di un way of life globale, come Los Angeles o New York, nel New Mexico o in uno qualsiasi degli Stati del midwest sconosciuti ai più.
Questa arroganza è particolarmente evidente e fastidiosa durante le scene del concorso di bellezza, nelle espressioni e negli sguardi delle povere bimbe e delle fanatiche madri e sorelle maggiori, nonché dei ridicoli organizzatori, purtroppo troppo realistici e quindi simili a quelli veri. Olive, a modo suo,
trionfa.
Non si tratta quindi di una tragedia balcanica ma del road movie della sfiga: al povero furgone hippie ed ai suoi occupanti ne capitano fin troppe, in un crescendo un tantino esagerato che rischia di far precipitare la storia nel ridicolo. Ma proprio all’ennesimo colpo di scena drammatico la pellicola abbandona il melodramma e cambia di ritmo, per prendere una piega decisamente esilarante che non abbandonerà più.
Sergio Citterio
59. Festival internazionale del film Locarno (sezione Piazza Grande)
Little Miss Sunshine
(USA, 2006)
Regia: Jonathan Dayton e Valerie Faris
Sceneggiatura: Michael Arndt
Musiche: Mychael Danna
Fotografia: Tim Suhrstedt
Montaggio: Pamela Martin
Interpreti principali: Greg Kinnear, Toni Collette, Steve Carell, Paul Dano, Alan Arkin
35mm
99’
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